Dica 33!

Dal latino “salus”, la salute richiama l’integrità: uno stato perfetto di benessere, una felicità che altro non è se non la piena unità di senso.

33. Incontra l'Artista fra le sue Opere

Nella presentazione all’Etica di Spinoza (edizione Bollati Boringhieri), Giorgio Colli dice che «ogni filosofo vuol trovare un senso – ossia un’unità – del mondo». E nell’Introduzione alla stessa opera, Salvatore Natoli ritiene che «tra le definizioni più riuscite e felici della filosofia ci sia quella che Platone dà nel Sofista (246 a 4-5): […] “quasi una battaglia di giganti  intorno all’essere”. […] La battaglia non è gigantesca per il solo valore dei combattenti e la grandezza dei protagonisti, ma per ciò per cui si combatte, per la posta in gioco: il senso dell’essere. Più prosaicamente, il senso delle cose, il significato del nostro stare al mondo e perciò della nostra vita».

Cito queste parole per ragionare sul fatto che lo scenario contemporaneo ci ha abituato a un’idea totalmente tecnica di salute e di benessere, fatta per lo più di efficienza, di prestazione; come se dall’efficienza meccanica del corpo, ma anche dello spirito, dipendessero le qualità che rendono una vita felice. Le molte professioni d’aiuto che affastellano il mercato del benessere – dall’alimentazione alla cura di sé, dalla crescita personale alla realizzazione professionale – mi sembra che, tendenzialmente, assumano ciascuna la propria tecnica come risorsa per la risoluzione del problema della salute, sia in chiave materiale che esistenziale. Del resto il contenuto di una tecnica è oggettivo, misurabile, certificabile; e per ciò stesso commerciabile come prodotto insieme al carico di efficienza che esso presume e pretende di offrire.

Ora il punto, per quanto mi riguarda, non è certo la tecnica in sé; che, anzi, merita il proprio ruolo quando essa è incarnazione pratica, e dunque realizzazione, di un pensiero. Ma cosa accade se non c’è pensiero? Cosa accade, voglio dire, se non c’è un perimetro di significato all’interno del quale incanalare la potenza della tecnica? Cosa offre la tecnica quando diventa pura affermazione di un criterio di efficienza, cioè risposta senza comprensione?

L’etimologia latina di salute –  salus – offre, da questo punto di vista, uno scorcio di panorama cui forse non siamo più abituati a guardare. Salus, infatti, viene dalla stessa radice di salvus: colui che è salvo, che è integro; che non è – per dirla su un altro piano – smembrato in tutte quelle parti in cui la modernità ci chiede di dividerci al prezzo di un’ansia strisciante, penetrante e neppure più tanto sotterranea. Per dire – i miei studenti, nel pieno della loro adolescenza, hanno definito l’ansia non uno stato d’animo ma una qualità negativa del loro carattere.

Io vi chiedo: non sentite anche voi un’assonanza tra la nozione di salute come integrità e quella di unità del mondo che richiamava Colli nelle prime battute di questa riflessione? La salute, che certo è oliata meccanica del corpo e tecnica di cura per lo spirito, dovrebbe diventare primariamente esercizio di ricerca di senso, ovvero di unità. In altre parole, una significativa produzione di un orizzonte simbolico entro il quale collocare ogni nostra azione quotidiana.

Ma il simbolico va nutrito, alimentato, va costantemente sollecitato e interrogato. Per fortuna, tra le tante risorse disponibili a questo scopo, una delle più accessibili oggi è l’arte – o ancora meglio, le suggestioni che genera l’arte. Per questo sono felice di aver intrapreso, insieme al mio vulcanico amico e partner professionale Antonio Spanedda, la realizzazione del progetto 33: incontra l’Artista fra le sue Opere. Un progetto non solo per rendere ancora più fruibile e contemporanea l’arte, portando il pubblico negli atelier degli artisti per un immediato e spontaneo accesso alle loro opere; ma per rendere fruibile, con la narrazione diretta, il percorso di senso attraverso il quale l’artista è arrivato alla  realizzazione di quelle opere.

Quasi fosse un personaggio della commedia dell’arte, il mio vecchio medico mi visitava, fino a pochi anni fa, rivolgendosi a me con la fatidica esortazione: «Dica 33!». E se quel suono mi usciva caldo e vibrante era il segnale che il mio corpo era in buona salute. Allo stesso modo vi chiedo di dire 33 e di domandarvi, in mezzo a tutti i possibili significati che questo numero richiama, quale per voi rappresenta un indizio di senso. Quale vi dice che, in questa battaglia di giganti, ancora non avete smesso di cercare un’unità, e perciò una salute, nel nostro pur precario stare al mondo.

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