La soglia del tempo

Il tempo è un dialogo. È una soglia da cui filtra la luce della vita. È un esercizio costante e imperfetto con il quale la vita diventa un percorso di verità.

Stefano Francoli, La soglia del tempo a Canzone (Borgosesia), 2021

Ho la sensazione che il tempo mi sfugga. Negli ultimi cinque anni ho acquisito una consapevolezza che nella vita precedente non avevo incontrato. Nonostante questo, le settimane e i mesi gocciolano senza sosta come tante opportunità che sembrano sfuggirmi fra le dita. Mi chiedo se il tempo che vivo sia della qualità che desidero, se ne contenga almeno i semi, o se il suo segreto – di per sé evanescente, lo sappiamo – si ostina a restarmi inaccessibile e a lasciarmi, per questo, con una insoddisfazione latente.

Come attività preliminare, credo valga la pena domandarmi che cosa intendo per «qualità del tempo». Come traduco questa idea nel quotidiano? Che cosa significa concretamente viverla? Dal momento che se i concetti di «qualità» e di «tempo» non sono chiari, tanto meno lo saranno le scelte che possono indirizzarmi a realizzarli. Agostino sintetizza meravigliosamente questa difficoltà in una celebre affermazione «Cos’è dunque il tempo? Se nessuno m’interroga, lo so; se volessi spiegarlo a chi m’interroga, non lo so» (Confessioni, XI, 14, 17). E se quel «qualcuno» a cui spiegarlo sono io, cioè quella parte di me che ha bisogno di sapere cosa può fare per trovare una qualità del tempo adeguata alle proprie aspettative, ecco che il cerchio vizioso si chiude. Non ci sono parole per descrivere il tempo; eppure, ho bisogno di nozioni, di concetti, di criteri, di intenzioni chiare e definite – in breve, appunto, di parole – se voglio che il tempo trascorso acquisti un valore e renda appagante la mia esistenza. Cioè, porti dentro di essa la sensazione che la mia presenza al mondo è memorabile; o per dirla altrimenti: è portatrice di un significato che non potrà mai più svanire e che mi darà un riconoscimento tale da farmi sentire vivo a me stesso perché vivo agli altri.

Voglio proporre allora una prima riflessione: il tempo è un dialogo. È la ricerca (e la ricchezza) delle parole con cui meglio posso descrivere la mia esperienza; è il discorso che rivolgo alla mia interiorità per capire che cosa sto vivendo; è lo sfondo su cui intreccio il senso e il significato degli eventi mentre li racconto e li riformulo, mentre ritrovo ogni volta nuove relazioni a mano a mano che i dettagli persi sullo sfondo tornano alla luce. Con un paradosso, si potrebbe dire che il tempo è, in realtà e innanzi tutto, «una perdita di tempo». È una porzione di vita apparentemente improduttiva – se misurata con i criteri della nostra epoca – imprescindibile per stabilire in quale direzione io voglia portare scelte e azioni. Poiché queste ultime diventano tali solo se incanalate in una narrazione di cui posso vedere lo svolgimento.

A questo punto un secondo aspetto del tempo acquista importanza. Conquistata la consapevolezza, definito un senso dell’esistenza, argomentati i significati che attribuiamo alle esperienze, si tratta ora di individuare i compiti che trasformano il tempo in un percorso di verità. Non perché esiste una verità assoluta e immutabile, posta come destinazione ultima del nostro viaggio, e soprattutto pronta a colmare la nostra incompletezza. Ma, al contrario, proprio perché è la nostra incompletezza a costituire la più alta forma di verità che possiamo realizzare. In questo quadro, il tempo è l’esercizio costante e imperfetto con il quale, dialogando, costruiamo un senso; e con le parole che lo costituiscono, mettiamo alla prova la nostra verità, vediamo quanto essa ha bisogno di mutare ed evolvere.

Per concludere, potremmo affermare che il tempo è una soglia da cui filtra la luce della vita. Dal momento che è dall’impalpabile natura del tempo che le vicende umane scaturiscono in tutta la loro concretezza – a dispetto di chi ritiene che concretezza e immaterialità siano termini distonici e antitetici. Una volta superata la soglia del tempo – o per meglio dire: di un vero tempo, non asservito all’esigenza delle lancette –, avremo probabilmente la possibilità di cogliere la vita in una inaspettata integrità. Come se il nostro passato presente e futuro potessero essere colti in un solo istante e con un unico grande sguardo. La consapevolezza, con la quale ho esordito, ha fatto maturare in me un desiderio di sperimentare la verità con un’insistenza che sempre di più vuole essere messa alla prova. Non la posso più eludere. Mi avvicino, allora, alla soglia; lascio che il tempo si distenda fra le ombre e le contraddizioni; poiché senza di esse non ci sarebbe luce che io possa percepire.

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