La via del silenzio, andata e ritorno
Il fiume che scorre è metafora di comunicazione. Ma è risalendo alla sorgente che si possono eliminare i rumori per ritrovare una conversazione autentica.

In un recente evento organizzato da TEDxNovara, Fabia Timaco ha raccontato la sua idea di innovazione sociale, e di che cosa sia una comunità di persone aperte a quell’innovazione, attraverso la metafora di un grande fiume. All’inizio siamo sorgenti isolate in qualche luogo di montagna e abbiamo solo poche parole per esprimere timidamente il nostro ingresso nella vita. Ma, a mano a mano, che il corso d’acqua scende verso valle, ecco che nuovi torrenti e ruscelli si uniscono alla nostra singola onda emotiva per coinvolgerci in un’onda più grande che trova nella foce del fiume la sua più completa e piena realizzazione, fatta di conversazioni e di condivisioni di esperienze altrimenti solitarie come lo era in principio la sorgente da cui esse sono sgorgate.
Proprio mentre scrivo, questa storia – che ho riassunto in estrema sintesi ma che vale la pena di riascoltare – mi fa affiorare alla mente i libri di geografia dei miei primi anni di scuola: quando i fiumi venivano presentati come vie di comunicazione, forse volendo far intendere al mio piccolo intelletto di allora una serie stratificata di significati che fanno dei corsi d’acqua strade di commerci, di informazioni e di cultura; cioè di comunicazione nel senso più esteso del termine.
Appena dopo l’evento, sollecitato dalle metafore e dai collegamenti che si andavano creando, ho iniziato a pensare al fiume come a un percorso inverso. Non la sua discesa lungo la valle; ma la risalita che potremmo tentare e che, dopo le prime anse ampie popolate da città e da conversazioni fitte e rumorose, si farebbe via via sempre più ripida e grezza; fino ad arrampicarsi, in una ruvida chiarezza, alla sorgente solitaria da cui eravamo partiti. Se avvicinassimo ora l’orecchio a quella sorgente sentiremmo lo zampillare delle nostre prime parole e, andando oltre quelle a occhi socchiusi, forse riusciremmo a cogliere la voce sottile e impalpabile di un grande silenzio.
Il silenzio, io credo, è la vera matrice delle conversazioni, delle opinioni, delle espressioni e delle forme che vogliamo dare ai nostri pensieri. Sullo sfondo non c’è che silenzio, la vera essenza delle parole; le quali, dal canto loro, sono soltanto costruzioni per creare un provvisorio schema del mondo che inavvertitamente ci pare essere reale, incrollabile come il cemento della nostra convinzione.
David Bohm, un fisico del Novecento che si è avventurato per le implicazioni della sua ricerca scientifica nei territori del dialogo e della comunicazione, racconta come i nostri pensieri possano dare soltanto una rappresentazione della verità alla quale ci attacchiamo come se essa fosse la verità stessa.
Risalire il corso del fiume, secondo me, è un esercizio che ci riporta alla natura profonda della comunicazione: che ci mostra, da un lato, la qualità spesso effimera delle nostre affermazioni; e che, dall’altro, ci invita a diventare consapevoli della lunga discesa verso la valle. Per arrivare nel cuore palpitante delle comunità con un linguaggio il più possibile cristallino ed essenziale, pronto a plasmare tanto il nostro eloquio quanto il nostro ascolto. Consci del fatto che tante parole non potranno mai dire più di quanto siamo effettivamente in grado di sapere.