L’invenzione della bellezza
La bellezza è un’azione etica. È sentire il rapporto con se stessi e con il mondo. È comprendere come questo rapporto cambia il modo di guardare, di pensare e di agire.

Da quasi vent’anni abito in questo luogo, ma solo di recente ho iniziato a intravvedere una bellezza che mi era scorsa per troppo tempo sotto gli occhi in maniera quasi del tutto indifferente. Sembra che dopo aver coltivato un lunghissimo esercizio di autoeducazione, la ricerca ininterrotta sui paesaggi che ho continuato a contemplare abbia, infine, riformulato in maniera determinante il mio modo di abitare e, di conseguenza, quello di guardare, pensare e agire.
La bellezza è una delle più grandi invenzioni umane. Un’invenzione perché, come spiega Spinoza nella sua Etica, «Dopo essersi persuasi che tutto ciò che accade, accade per loro, gli uomini hanno dovuto ritenere che, in ogni cosa, l’elemento più importante è ciò che a loro è più utile, e considerare come eccellenti tutte le cose dalle quali venivano affetti nel modo più piacevole. Hanno quindi dovuto formulare queste nozioni per spiegare la natura delle cose, cioè. Bene, Male, Ordine, Confusione, Caldo, Freddo, Bellezza, Bruttezza; […] E poiché quelli che non capiscono la natura delle cose, ma le immaginano soltanto, non sono capaci di dire niente di esse e confondono l’immaginazione con l’intelletto, allora credono fermamente che nelle cose vi sia un ordine, ignari tanto della natura delle cose quanto della propria» (Baruch Spinoza, Etica, I, Appendice, trad. it., UTET, 2017).
Eppure, per quanto immaginifica e artificiosa possa apparire – per quanto, cioè, la si possa considerare un’astrazione irreale della nostra mente –, la bellezza ha un’incontestabile valenza pratica. Gli evoluzionisti hanno mostrato che essa è coinvolta nei processi di selezione sessuale; ma, più in generale, è una strategia che regola lo sviluppo dei sistemi naturali (The sense of Beauty, Ep. 1, Rai5).
Prendendo le mosse da queste prime considerazioni, il bello appare come un atto di ricerca rivolto alle proporzioni, ai rapporti, alle relazioni tra le cose; un atto mirato a individuare la misura secondo cui quei rapporti si mostrano utili e produttivi per la vita. In questo senso, più che uno stato, una condizione o l’essenza di qualcosa di assoluto, la bellezza può essere considerata un’azione intenzionale che l’essere umano compie per il raggiungimento del benessere materiale. Una continua scelta nel disporsi verso le cose secondo un criterio desiderato, e dunque secondo il valore che tale criterio è in grado di produrre.
Detto altrimenti, la ricerca del bello è un’azione etica, nel senso etimologico di abitudine, usanza, comportamento. Ed è naturalmente, un’azione estetica, dal momento che è proprio quest’ultima – l’estetica in quanto aisthesis, sensazione – la strada mediante la quale intraprendiamo la costruzione del nostro rapporto col mondo. In questo rapporto, che possiamo intendere come l’estetica stessa, non solo io sento il mondo, ma mi sento: mi rendo vivente al mondo e a me stesso, mi percepisco esistere (Incontri del Gamba – Rocco Ronchi – puntata 1, RegVdA – Regione Autonoma Valle d’Aosta, YouTube, 2021).
La correlazione tra il piano dei sensi, quello dell’azione e quello del sentimento di sé ci autorizza a estendere la nozione di bellezza dal piano materiale a quello spirituale, intendendo quest’ultimo come la coesistenza armonica e virtuosa di tutte le nostre risorse, siano esse tangibili o intangibili. In questo senso, la bellezza è un percorso di conoscenza, di razionale comprensione di quel processo nel quale, esistendo, siamo coinvolti e al quale, appunto, diamo il nome di «bello».
Questo suo valore conoscitivo determina un’ultima caratteristica: il fatto che la bellezza sia una continua sorgente di significato. Se, infatti, essa è l’esperienza che coinvolge tutte le parti di sé nella costruzione di un tessuto vitale di relazioni, ecco che da queste ultime non può che sgorgare il significato stesso dell’azione di vivere. Da una parte, un significato in evoluzione, poiché il rapporto tra sé e sé e tra sé e il mondo non fa che modificarsi a mano a mano che l’esperienza di svolge. Dall’altra parte, un significato che – come l’esperienza quando è colta nella sua immediatezza – ha le qualità di una rivelazione. Bello, in effetti, è ciò che mi sorprende, mi colma l’anima, a volte mi stordisce d’estasi. È quell’istante in cui ogni cosa prende un ruolo e una forma perfetta, perché è perfetta così come si manifesta.
Ne risulta che la bellezza è una costruzione e, al tempo stesso, un assoluto.
Non resta ora che tornare all’inizio e domandarsi cosa sia l’educazione alla bellezza, per rispondere che essa non è altro che la comprensione delle connessioni dalle quali, appunto, l’esperienza emerge. Una comprensione che, come è evidente a chi ne ha fatto pratica, non lascia indifferente il modo di guardare, di pensare e di comportarsi. Piuttosto lo modella, lasciando trasparire in controluce una stupefacente potenza creatrice.