Maturità
La maturità non è una condizione ma un processo, non un traguardo ma un’esplorazione aperta dentro di sé. È l’atto creativo che oltrepassa le categorie con cui è organanizzata l’esperienza.

Dietro la porta della camera da letto sento i miei figli argomentare animatamente sulla loro realtà quotidiana: che cos’è la scuola, come si costruiscono le relazioni, come si affrontano i problemi, come nascono e si sviluppano le amicizie. Tutto questo, naturalmente, nella forma di un racconto fatto di esempi, opinioni, ipotesi, consigli che si dispensano reciprocamente. Un dialogo che applica diffusamente il metodo dell’induzione e trae modelli universali da contesti evidentemente molto specifici; contesti, tuttavia, che, con altrettanta evidenza, rappresentano la totalità delle esperienze di vita degli interessati.
A più riprese, ho considerato la maturità come il percorso inverso. La constatazione che i modelli ricavati dall’esperienza quotidiana sono, appunto, soltanto dei modelli e che, per questo, sono soggetti all’usura e al deterioramento come qualsiasi altro strumento, materiale o concettuale, con il quale le esigenze vitali vengono soddisfatte. Anzi, si potrebbe dire che la maturità è l’evento in cui l’usura irrompe negli schemi razionali faticosamente conquistati; li disarticola e li scompone; a volte, se questi ultimi sono così robusti da opporre resistenza, li frantuma lasciandone a terra i pezzi senza senso.
D’altra parte, quei manuali che inscrivono l’evoluzione dell’esistenza umana nella struttura narrativa del cosiddetto Viaggio dell’Eroe, indicano che, proprio all’ingresso della maturità, l’archetipo che domina il comportamento dell’individuo è quello del Distruttore. La «crisi di mezza età», allora, non sarebbe altro che l’ingresso sulla scena – solitamente assai poco consapevole e, di conseguenza, distruttivo nel senso deteriore del termine – di una forza preposta a mettere in questione le certezze acquisite per accedere a un livello di conoscenza più profondo. La maturità è, perciò, una transizione. È una soglia, mai definitivamente oltrepassata, al di là della quale il significato attribuito per induzione all’esperienza subisce, a un certo punto, una frattura. La maturità, in altre parole, non è una condizione ma un processo, non un traguardo ma un’esplorazione aperta dentro di sé. Si potrebbe dire che essa è quel passaggio in cui la classificazione concettuale della realtà cede, per un istante, il passo a una fluttuazione soggetta all’incerto e all’imprevedibile.
Per questa dimensione, che, in fondo, ha molto in comune con quella del sogno, non è più sufficiente l’impiego del ragionamento e la costruzione logica di categorie. C’è bisogno piuttosto dell’intuizione: quell’esercizio che, come l’induzione, è altrettanto attivo e consapevole, ma che, allo stesso tempo, consente di osservare le connessioni immediate di significato attraverso le quali il senso delle esperienze frantumato dal Distruttore viene di volta in volta ricostruito.
In ultima analisi, ciò che definisce la maturità è un atto creativo che ripulisce l’esistenza dalla stratificazione dei criteri depositati su di essa nel corso degli anni; che consente a quest’ultima di riemergere nella sua elementare verità; che non elimina preconcetti e pregiudizi, ma ne mostra la funzione pratica e le illusioni che essi possono provocare.