Risoluzioni
Il futuro è il senso che il passato assume lunga la sua linea evolutiva. È la risoluzione con cui quell’evoluzione può essere letta e nella quale il passato, sciogliendosi, si risolve.

«Ogni ‘stato’ istantaneo è memoria di un passato che permette di definire solo un futuro limitato, circoscritto da un intrinseco orizzonte temporale». Prendo queste parole dal libro di Ilya Prigogine e Isabelle Stengers Tra il tempo e l’eternità (Bollati Boringhieri, Torino, 2014). Il libro apre uno scenario sulla fisica, e più in generale sulla scienza, molto diverso da quello che viene abitualmente concepito: né fiducioso in una scienza che, prima o poi, sarà in grado di dare tutte le risposte; né diffidente verso di essa per il suo sapere tecnico, asettico, distante dalla realtà variegata e complessa del mondo umano. La scienza che emerge «tra il tempo e l’eternità» è piuttosto una ricerca nella quale la realtà viene interpretata attraverso concetti di volta in volta sempre nuovi che, in un certo senso, la reinventano attribuendole significati inediti.
Il modello concettuale della nuova fisica è caratterizzato da sistemi instabili, eventi irreversibili e interdipendenze che mettono in relazione elementi del sistema anche molto distanti tra loro. Come si usa dire, «il battito d’ali di una farfalla può scatenare un uragano dall’altra parte del mondo». Ma lo stesso modello può essere impiegato per formulare una diversa concezione di esistenza. Anziché pensare percorsi di vita, di studio o di lavoro organizzati dalle aspettative e dalle abitudini culturali consolidate, si può leggere l’incertezza dello scenario – oggi così attuale – con un nuovo dizionario, che assegna al termine incertezza non il significato di un limite ma quello di un vincolo, di un elemento intorno al quale fare perno per disegnare nuove direzioni.
La realtà descritta da Prigogine e Stengers è fatta di sistemi in continua evoluzione; ma è l’evoluzione stessa a determinare le condizioni e le regole con le quali quel sistema si sviluppa nel corso del tempo. In altre parole, potrò conoscere – vale a dire: fare fronte – a una situazione soltanto entro un certo orizzonte temporale, che definisce la risoluzione delle mie informazioni e che fissa il confine oltre il quale gli eventi diventano imprevedibili. Ogni contesto dell’esperienza, in effetti, presenta sempre un certo grado di sfocatura: la chiarezza del quadro non è mai qualcosa di predeterminato, ma si costituisce strada facendo; non c’è una verità da illuminare che esista prima di essere pensata, ma è l’esperienza stessa che ciascuno fa nel concepirla a metterla al mondo in infiniti modi diversi.
C’è poi un altro tipo di risoluzione, speculare e complementare al primo. Come si diceva all’inizio, il futuro è una possibilità circoscritta da un certo istante, è l’orizzonte aperto da una memoria del passato. Il futuro, si potrebbe dire, è il senso che il passato assume lunga la sua linea evolutiva. La risoluzione, allora, è l’atto che incorpora la propria storia nelle scelte personali, che letteralmente ri-solve il passato, sciogliendolo di nuovo nel flusso cangiante e ininterrotto del cambiamento.