Somme e totali
Siamo più della somma delle nostre esperienze. Siamo cioè spiritualità, che possiamo umanamente rifondare con l’esercizio dell’arte e della filosofia.

Ho incontrato Arthur Rimbaud (ritratto qui sopra da Picasso) in seconda liceo. Come era abitudine della scuola, la sua poesia era stata presentata in un corredo di scadenze biografiche e di canoni letterari che, in qualche modo, potessero restituirne criticamente il valore all’interno del panorama culturale di fine Ottocento. Ma quella critica era finta e asettica, costruita con il pudore di non montare la testa a dei ragazzini ingenui su chi fosse stato veramente Rimbaud e quale deflagrazione aveva provocato nelle certezze misurate e razionali della sua epoca.
Cosa sarebbe, infatti, accaduto se, da adolescenti, avessimo scoperto di aver a che fare con un adolescente come noi? Giovane, arrabbiato, rivoluzionario e ribelle, pronto a scappare nei boschi e nelle taverne per scrivere le sue poesie. Solo qualche anno più tardi mi sono ripromesso che se mai avessi avuto l’opportunità di insegnare Rimbaud, l’avrei fatto possibilmente nei boschi e, soprattutto, a contatto con le prime esperienze della vita. C’è una totalità nei personaggi letterari che la scuola non insegna. C’è della carne e del sangue, che sono il vero motivo per cui, come tanti, ho scritto poesie. E con quelle parole mi sono ferito e mi sono curato. Per quanto apparentemente scialba e moderata, la mia vita sentimentale dentro quelle poesie – le mie e quelle di Rimbaud, fra le altre – è naufragata e si è frantumata in mille pezzetti; che poi pazientemente ho ricucito, parola dopo parola, per dare senso alle esperienze, immaginifiche o reali, che ho attraversato.
Se ripercorro oggi i libri di scuola dei miei figli, noto solo che la situazione si è aggravata. La scuola continua a insegnare limitando l’educazione a una serie di concetti privi di qualsiasi autentica critica. Insegnare sembra essere un’attività destinata a sommare nozioni e non a intrecciare, come io credo invece dovrebbe essere, le trame personali in un racconto coerente, utilizzando come modelli interpretativi proprio quegli schemi così abbondanti nella letteratura, nell’arte, ma anche nella scienza.
Siamo più della somma delle nostre esperienze. Questa condizione viene spesso letta con la categoria della spiritualità che, ancora una volta, è stata collocata dalla religione in un paesaggio separato e ideale cui un giorno, da morti, approderemo. Io penso invece che la spiritualità possa essere rifondata in una forma completamente umana: attraverso l’esercizio della filosofia e dell’arte come espressioni del rapporto con la vita. Per chi non crede, ma anche per chi crede, interrogarsi su cosa sia l’umanità e mettersi in relazione con essa è un esercizio spirituale che rende ricca e concreta l’esistenza.