Stati nascenti

Il sacro, è la spiritualità che è il suo consapevole esercizio, è il contatto con lo stato nascente, con i significati che diamo alla vita appena essa prende forma.

Sono salito incerto, ansimante, sulla lunga e ripidissima gradinata di accesso alla Sacra di San Michele, vicino a Torino. In quello stesso istante, una guida stava raccontando il significato simbolico del percorso: un invito rivolto al fedele perché quest’ultimo abbandoni i sentimenti pesanti, quelli che lo confinano in una condizione di sudditanza dalle pulsioni, per avviarsi verso una profonda trasformazione. Solo chi si sarà fatto leggero – solo chi si sarà lasciato indietro l’ira, l’invidia, il desiderio di potere e di controllo, e tutte quelle volizioni che collocano all’esterno di sé l’esito delle proprie azioni e decisioni – potrà raggiungere metaforicamente il cuore del monastero, contemplare, con uno sguardo che si estende fisicamente su tutta la vallata, una dimensione al di là dell’individuo e della materialità.

Considerato lo stato d’animo con cui ho affrontato l’ingresso all’abbazia, mi è stato subito chiaro quanta strada ancora devo compiere per respirare la finezza dell’aria che si può avvertire – anche in senso figurato – a quasi mille metri di altitudine, dove il monastero, isolato e collocato sopra un punto panoramico, è stato costruito. Ho percepito immediatamente, dentro di me, quanto ancora siano forti gli attaccamenti che mi trattengono da un’esistenza finalmente ripulita da ogni paura; quanto sia distante, ma non impossibile, una disposizione d’animo pronta ad abbracciare completamente le esperienze che vivo e che sempre di più cerco di attraversare con spirito autentico e di sincera accoglienza.

Per quanto che mi riguarda, l’incontro col sacro e con la spiritualità – così come ne ho avuta ancora una volta intuizione dopo la visita a San Michele – corrisponde all’istante in cui assistiamo all’insorgere di un’esperienza. Quel momento nel quale essa non c’è ancora ma c’è il sapore che ne annuncia la venuta. In altre parole, la spiritualità, fuori da ogni norma e religione, è l’arte di cogliere gli schemi e le forme nelle quali si realizza lo stato nascente dell’essere umano, ciò che, appunto, lo rende umano e costituisce la sua stessa condizione di esistenza. Con ciò intendo dire che essere umani è un’attività, un processo – il più delle volte non consapevole – con il quale produciamo i significati che danno corpo a identità, valori, parole, progetti, percorsi, scelte, intenzioni – e, soprattutto, pregiudizi che annodano questi elementi in un abito pronto per essere indossato acriticamente, come se l’avessimo già trovato su misura per noi.

Insomma, lo stato nascente è il punto in cui gli eventi prendono senso; ma, allo stesso tempo, è anche l’istante nel quale iniziamo a costruirci le gabbie indispensabili per sopravvivere e muoversi nel mondo reale. La trasformazione promessa dalla spiritualità, cioè dall’esercizio continuo dell’incontro con lo stato nascente, consiste nel lasciar mostrare la mole geologica di significati che ha prodotto la nostra esistenza. A volte per criticarla; a volte per accettarla; a volte, ricostruita la storia e trovato uno scarto su cui intervenire, per provare a scrivere un esito diverso da quello cui la storia sembrerebbe condurre. In tutti i casi, si tratta di rinegoziare l’uso e l’evoluzione delle parole e dei dizionari che sfogliamo per aiutarci a vivere.

In questo senso, cogliere lo stato nascente è un’esperienza di verità e una riconnessione con se stessi. Tuttavia, per ciò che fin qui abbiamo detto, la ricerca riassunta nel termine «spiritualità» è un itinerario tutt’altro che rassicurante, non è indicato per timidi fedeli in cerca di conforto. Se da una parte, infatti, cogliere lo stato nascente apre alla meraviglia, alla luce intensa e abbacinata del possibile, dall’altra parte richiede di appoggiare i piedi su una superficie nuda e ignota, preceduta da ripide gradinate monumentali quanto ciò che di noi stessi raramente ci è dato di sapere.

Articoli simili