Un giorno alla volta, una persona alla volta

La vita può essere un risultato da raggiungere, o un itinerario aperto, un esperimento in cui il risultato è il processo stesso per compierlo.

Un giorno alla volta, una persona alla volta

«Una persona alla volta». È il motto che ho ricevuto in dono da Interculturanel 2010 quando, insieme a mia moglie Marissa, ho iniziato a promuovere la Borsa Thanksgivingattraverso quella Cena del Ringraziamento che organizziamo ogni anno il quarto giovedì di novembre. Un dono, perché mai così poche parole mi hanno dato la misura di una pratica di vita che fosse rispettosa dell’altro e soprattutto di me stesso; senza pretendere in tal modo che le situazioni e le persone intorno a me si piegassero ai valori che credevo di propugnare.

Nel corso del tempo ho maturato la consapevolezza che quei valori, lontano dall’essere assoluti portatori di verità, sono invece il modo migliore con il quale ho saputo dare espressione ai miei bisogni; e che da lì avrei dovuto partire per comprendere il significato delle mie parole e delle mie aspirazioni. Giorno dopo giorno, questo sottile e penetrante pensiero si è insinuato fin dentro la mia più profonda intimità: mi ha cambiato e, come farebbe un fiume carsico al di sotto della superficie, ha eroso ogni mia certezza, ma solo per lasciare libero il passaggio di una nuova e più vitale corrente pronta a creare e costruire, disposta a ripensare l’esistenza in una nuova prospettiva.

Dalla pretesa di un risultato, la mia vita si sta spostando – poiché è in progresso per definizione questo percorso – verso una filosofia del viaggio, dell’itinerario aperto, che getta avanti la vita (direbbe Heidegger) come continua ricerca e ripetuto esperimento, nel quale il risultato è solo una parte, certo significativa ma provvisoria, di un infinito processo.

«Un giorno alla volta, una persona alla volta» non è allora, come forse può apparire, un’etica della pazienza e, per certi versi, della rassegnazione al grande disilluso obiettivo di cambiare il mondo che non mi piace. A voler vedere, non è nemmeno un’etica se non in conseguenza all’esito che le sue azioni producono.

Preferisco riconoscere in essa un metodo, una prassi, un processo per generare un cambiamento, realistico e significativo, a partire dalla relazione che imparo a stabilire – un giorno alla volta, una persona alla volta –  con le esperienze che il mondo mi consegna.

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