Manifesto
È nelle esperienze vissute, in questo patrimonio immateriale, che possiamo trovare i semi di un nuovo futuro.

Un patrimonio immateriale
Il passato – a meno che non sia un rifugio per proteggersi dallo spirito dei tempi – è considerato sempre di più un’appendice inutile. Qualcosa di sepolto. Qualcosa di cui sarebbe meglio liberarsi. Ciò che conta è «qui e ora», è il risultato immediato, come se potessimo vivere un’esistenza di istantanee senza storia.
Per contro, il futuro – o ancora meglio, la proiezione del futuro, quando non è erosa dall’incertezza – appare come la sola misura possibile con cui dare senso all’esperienza. Realizzare talenti, risorse, potenzialità è una via di salvezza e di emendamento dalle mancanze che un ideale traguardo si suppone possa colmare.
Qui l’assunto è del tutto diverso. Il passato non è un evento ormai superato. Non è un’esperienza da archiviare. Al contrario, è un patrimonio immateriale, vivente e in continua evoluzione che persiste nel presente; sia in quello individuale che in quello collettivo di gruppi e organizzazioni. Una storia che, lontana dall’aver cessato il suo svolgimento, interviene sul presente e lo realizza.
Nutrire idee e persone
Nutrire questo patrimonio equivale a fare in modo che persone e aziende, invece di inaridirsi nei pregiudizi, nei preconcetti o nelle logiche dell’organizzazione – tutti elementi peraltro indispensabili a governare il reale – mantengano la loro vitalità: cioè, una connessione con la sorgente che alimenta la capacità di adattarsi ai cambiamenti. I progetti personali e quelli professionali, infatti, sono un processo che non smette di modificarsi, di adeguarsi, di cercare punti di equilibrio, di inglobare il corso degli eventi e di trovare nuove strade per esprimersi. Si tratta, in altre parole, di ripensare chi siamo e arricchire le mappe concettuali con cui di volta in volta leggiamo il rapporto con noi stessi, con gli altri e con il mondo circostante. Si tratta di restituire vitalità ai concetti con cui diamo senso e valore alle nostre storie.
Da un lato, allora, diventano rilevanti tutte quelle risorse interiori che hanno a che fare con i quattro ambiti dell’esperienza umana: le facoltà logico-razionali; il linguaggio dei sentimenti e delle emozioni; la comprensione dei bisogni e delle necessità materiali; le forze generative, come l’intuizione, la creatività e l’immaginazione.
Dall’altro lato, acquisisce una particolare rilevanza la comunicazione, letteralmente, l’atto di mettere in comune (e in comunione) quell’intreccio di saperi, esperienze e relazioni altrimenti dispersi e privi di un rapporto significativo gli uni con gli altri. Comunicare è un metodo per conoscersi, per svolgere un percorso lungo il quale senso e significati si vengono a mano a mano a creare.
Percorsi di valore
Si potrebbero sintetizzare tutti questi elementi affermando che pensare e comunicare sono un esercizio spirituale e una pratica di virtù. Un esercizio spirituale, perché ricompone in una unità la frattura tra risorse intuitive, creative e sentimentali, e quelle più propriamente razionali. Una pratica di comportamenti virtuosi, perché questo stesso esercizio è la fonte per generare benessere e fiducia reciproca.
Da questo punto di vista, realizzarsi è coltivare un percorso di valore. Diventare autentici. Andare incontro alla propria esperienza. Rintracciare i modi di dire, di fare e di pensare attraverso i quali accedere consapevolmente – vale a dire, come autori – al patrimonio di memorie che continuiamo a nutrire e stratificare.
L’identità delle persone e delle aziende non rappresenta altro che l’esito provvisorio di questa evoluzione. In essa, «nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma». Ed è proprio nelle esperienze vissute, allora, che possiamo trovare i semi di un nuovo futuro, i benefici per ripensarci testimoni in un infinito processo.